venerdì 10 marzo 2023

Roberto Baggio, l’uomo che morì stando in piedi


 

Immaginatevi di fare un errore nella vostra carriera. Ora immaginate che da quell’errore dipendano le sorti di un Paese intero.

di Angela Marchioron

Un’esperienza comune tra i calciatori quella di sbagliare un calcio di rigore in una partita, ma soprattutto in finale. Ce lo insegnano i francesi Tchouameni e Coman, che in questo ultimo mondiale hanno regalato la coppa all’Argentina; Saka e Rashford agli Europei 2020; Trezeguet nei mondiali 2006 contro l’Italia. Ma il primo che viene in mente a noi italiani, e agli studenti del Fogazzaro stessi, è Roberto Baggio.

Ma perche proprio Baggio? Sicuramente capire il contesto ci aiuta.

Era il mondiale USA ’94 e l’Italia arriva a scontrarsi con il Brasile in finale. L’obbiettivo era quello di riscattare quel mondiale perso a casa nostra in semifinale contro l’Argentina di Maradona, e sembrava di esserci quasi riusciti. L’italia, che ai gironi passa come migliore terza, si ritrova nelle fasi a eliminazione diretta grazie ai gol di Baggio che con una doppietta ci porta in finale contro il Brasile.

Il 17 luglio si gioca la finale della coppa del mondo, a Pasadena. Il risultato rimane bloccato sullo 0-0 non solo dopo i 90 minuti, ma anche dopo i tempi supplementari. È la prima volta che l’Italia va ai rigori in una finale del mondiale, e il ct Sacchi sceglie Baresi, Albertini, Evani, Massaro e Baggio come rigoristi, in questo ordine. Parte l’Italia con Baresi, che sbaglia. Lascia il dischetto a Màrcio Santos, e sbaglia anche lui. Albertini segna e gli risponde Romàrio allo stesso modo. Anche Evani e Branco segnano, ma Taffarel, il portiere brasiliano, para il tiro centrale di Massarro e Dunga non sbaglia. 3-2 per il Brasile a cui basta un solo rigore per vincere. Va Baggio, l’ultimo degli italiani, l’ultima speranza per l’Italia. Era lui l’uomo degli ultimi minuti, quello che aveva segnato alla Nigeria al 90’ e alla Spagna a due minuti dalla fine, era lui l’unico che poteva risollevare  una squadra, una nazione intera segnando l’ultimo rigore. Parte, seglie di alzarla, lui che la tira sempre rasoterra, ma la alza troppo e la palla va sopra la traversa. Il Brasile è campione del mondo e Baggio rimane immobile intorno ai brasiliani che festeggiano. Rimane lì nel dischetto, incredulo e incapace di capire quello che sta succedendo, tanto da venire poi denominato “l’uomo che morì in piedi”. Non era stato l’unico a sbagliare, ma era l’ultimo e, anche se tutti sapevano che la coppa era già persa, si continuava a sperare.

In quel momento l’Italia non perde solo un mondiale, perde molto di più. Perde quell’illusione che faceva sognare tutti gli italiani, che li riuniva insieme, mettendo in pausa le loro vite e i loro problemi per 90 minuti. Tutti riponevano sogni e speranze in 11 giocatori che consideravano campioni, stelle, supereroi. Ma Baggio è stato la dimostrazione che dietro ad ogni giocatore c’è un uomo, e dietro ogni uomo un bambino. E per lui quella finale era il sogno di sempre, contro il Brasile peraltro, e lui più di chiunque altro sognava di segnare quel rigore e portare in alto il suo Paese. Di fronte a quell’errore era il Baggio bambino che era scoppiato a piangere, lui per primo ci era rimasto male, perché non aveva deluso solo sé stesso, ma una nazione intera e ad oggi, quando tutti gli italiani lo hanno perdonato, lui è ancora fermo a Pasadena. “Non ho mai smesso di pensarci, è un dolore con il quale bisogna imparare a convivere”, dichiara in un’intervista.

Baggio è diventato il simbolo dell’uomo dietro il campione, della fragilità, delle debolezze, delle emozioni e gioie che muovono i giocatori di quel livello, quei giocatori osannati quando vincono, ma maledetti quando perdono. Campioni che lavorano tutta una vita per esaudire il sogno che hanno da bambini e che con un singolo errore possono rovinare una vita intera.

Da calciatore a musa per artisti: libri, film, canzoni dedicati a lui e alla sua storia. Tra questi il brano di Diodato intitolato proprio “L’uomo dietro il campione”, che in pochi minuti descrive non solo la sua esperienza, ma quella di campioni ma anche di uomini comuni che inseguono i loro sogni, perché alla fine i nostri idoli sono come noi. Tra le frasi più significative del pezzo c’è: “Più di vent'anni in un pallone, più di vent'anni ad aspettare quel rigore, per poi scoprire che la vita era tutta la partita, era nel raggio di sole che incendiava i tuoi sogni di bambino, era nel vento che spostava il tuo codino, che a noi già quello sembrava un segno divino”, e ancora “Che poi Roberto in fondo tutto questo amore è pure figlio del coraggio di quel campione che toccava ogni pallone come se fosse la vita. Lo so potrà sembrarti un'esagerazione, ma pure quel rigore, a me ha insegnato un po' la vita”.

Quel rigore è diventato prorpio una filosofia di vita e la frase "sbaglia i rigori solo chi ha il coraggio di tirarli" è ispirazione per il 90% dei ragazzi del nostro liceo.

Oggi Roberto Baggio ha 55 anni, non segue più il calcio, vive in campagna con la sua famiglia e si dedica alla caccia, ma quel 17 maggio 1994 è un incubo che lo persugue tutti i giorni.


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