In amore, spesso, si sente parlare di anime gemelle, persone che sembrano avere una connessione speciale tra loro che nessun altro si sa spiegare. È stato provato che l’innamoramento è una serie di reazioni chimiche, quindi è possibile per la scienza spiegare anche questa speciale connessione?
Giulia Peretto
Normalmente nessuno crede alle cosiddette “anime gemelle”,
reputandole un’idea sciocca e infondata, una storiella per bambini di quelle a
lieto fine in cui il vero amore trionfa sempre. D’altronde anche l’amore in sé
da molti viene visto come qualcosa di fastidiosamente romantico e poco concreto,
nonostante la scienza, con i suoi processi logici, ne abbia confermato
l’esistenza. Fisiologicamente esso non è niente meno che un gioco continuo di
ormoni, quali serotonina, dopamina, ossitocina tanto per citarne alcuni, per i
quali si spiega l’iniziale innamoramento, la dipendenza da esso e
l’attaccamento verso l’altra persona. In generale, anche grazie a svariate
risonanze magnetiche eseguite da Helen Fisher, antropologa americana che
insegna alla Rutgers University, su persone a detta loro innamorate,
l’amore può essere considerato come una droga, dato che attiva le stesse aree
del cervello che le sostanze stupefacenti mettono in funzione, aree che,
sorprendentemente, sono contigue a quelle che stimolano il mangiare e il bere,
facendo quindi pensare che l’innamoramento sia un meccanismo di sopravvivenza
che entra in gioco da tempo immemore.
Se, quindi, la scienza effettivamente si spiega l’amore, qual
è la sua posizione nei confronti delle anime gemelle, che potremmo pensare come
un’evoluzione dell’amore stesso?
Innanzitutto bisogna capire se effettivamente la scienza ha
provato che l’anima esista o meno. Essa, solitamente, non riconosce la
dimensione spirituale di una persona, per cui associa l’anima alla materia in
sé, riducendola ad un concetto di cognizione e coscienza che però non è ancora
stato compreso. Si può quindi dire che vi sono delle basi scientifiche molto
vaghe che provano l’esistenza dell’anima, ma sono appunto troppo vaghe per
avere una minima conferma. Purtroppo nemmeno i numeri sono favorevoli. Si è
calcolato, prendendo in considerazione solo individui della stessa età di una
persona, che la sua potenziale anima gemella è tra circa 500 milioni di altre
persone, quindi trovarla diventa un’impresa titanica, se essa effettivamente
esiste. In definitiva, essendo molto difficile trovare una persona da chiamare
“anima gemella” in un mondo popolato da quasi 8 miliardi di individui e avendo
basi scientifiche molto approssimative, si può affermare che no, la scienza
ancora non si spiega le anime gemelle, per quanto siano un concetto molto
profondo.

Nessun commento:
Posta un commento