Due chiacchiere con un
giovane esponente di questa tecnica.
di Jacopo Comin
Nome d'arte Pyra, 19 anni, writer da quando ne aveva 16,
studente di quinta superiore presso il Liceo Fogazzaro di Vicenza, è stato
invitato ad esporre il proprio pensiero in merito alla sua passione: i
graffiti.
Ovviamente di parte in questo contesto, si colloca tra
quelli che attribuiscono una valenza artistica a tale manifestazione sociale e
culturale universalmente diffusa, espressione della propria creatività tramite
interventi pittorici sulla città, frequentemente considerati atti vandalici e
puniti secondo le leggi vigenti. “Personalmente non eseguo mai i miei lavori
con l'intento di danneggiare, perchè quello che faccio, come molti writers, è
semplicemente dare vita a pareti che a mio giudizio sono prive d’anima,
preferibilmente abbandonate o rovinate dal passare degli anni”. Ha poi
aggiunto: “A volte vedo delle scritte o simboli totalmente inappropriati. Ecco,
è proprio in queste occasioni che mi armo di mascherina e bombolette e cerco
quantomeno di tramutare questi elementi in qualcosa di meno volgare e più
significativo”. E' opinione diffusa che questa forma espressiva, la cui nascita
risale più o meno a sessant'anni fa, sia da considerare un atto vandalico, un
semplice deterioramento di luoghi e strutture pubbliche da parte di teppisti.
Solo una minoranza le apprezza come vere e proprie opere originali che
personalizzano superfici altrimenti anonime e prive di qualità. Il sogno di
Pyra è quello di trasferirsi nella culla di questa disciplina che lo appassiona
da ormai tre anni, gli Stati Uniti: al di là dell'Atlantico, infatti, il culto
della street art è molto diffuso, appartiene alla vita di tutti i giorni e ti
puoi imbattere in migliaia di graffiti nel tessuto urbano. In alcune metro,
stazioni, sottopassaggi o parchi, nelle città più influenzate da questa
corrente vengono allestite delle particolari mostre a cielo aperto. Conclude
così Pyra: “Lì, questa disciplina è considerata tutt'altro che un atto da
fuorilegge. A mio avviso è la mentalità italiana che non è ancora
sufficientemente aperta verso questo tipo di creatività, ragione per cui più di
qualcuno, vedendomi disegnare dal vivo, mi ha accusato di vandalismo. Mi
auguro, al mio rientro dagli USA, di trovare un clima più favorevole per questa
spontanea forma d'arte.”

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