di Emma Pierazzo
Quando
si pensa alla scuola la parola “creatività” non è sicuramente la prima cosa che
ci viene in mente. Eppure questi due termini non sono del tutto scollegati tra
loro. Anche se molto spesso viene sottovalutata, per uno studente l’espressione
della propria creatività è importante tanto quanto imparare a leggere e
scrivere.
Analizzando
il percorso “standard” di uno studente italiano, possiamo notare come le
materie più creative, come musica e arte, vengano praticate maggiormente
durante la scuola elementare e come vadano progressivamente a diminuire durante
le scuole medie e superiori. Durante il percorso scolastico si crea inoltre una
gerarchia delle materie che vede in cima la matematica e le lingue, nel mezzo
le discipline umanistiche, e sul fondo le arti. L’istruzione viene quindi
sempre più indirizzata verso la parte destra del cervello, quella più razionale
e che abilita le funzioni logiche. Anche i metodi seguiti sono spesso
schematici e agli studenti viene chiesto di seguire procedimenti ben stabiliti
e di rientrare sempre in determinati parametri, per essere poi valutati. Così
facendo però si perde una capacità fondamentale per la creatività, che
solitamente tutti i bambini hanno: la capacità di avere torto e sbagliare.
Quando si è bambini si ha meno paura di buttarsi, ad esempio non ci si fanno
tanti problemi ad inventare una risposta se non si sa come rispondere a una
domanda. Crescendo, però, specialmente
all’interno del sistema scolastico, vengono imposte sempre più limitazioni e
l’errore viene sempre meno tollerato e a volte punito.
Ma
quindi se esiste una gerarchia delle materie e la creatività viene scoraggiata
dai metodi scolastici, chi ha più successo all’interno del sistema? Com’è
naturale che sia tutti hanno un esito diverso a scuola. Chi non eccelle nelle
materie a cui viene dato più peso ma in quelle considerate minori, potrebbe
sentirsi inferiore e non dare valore alle proprie capacità proprio perché non
riconosciute come utili. Chi ha successo è dunque chi è dotato di
un’intelligenza “accademica”. Non bisognerebbe dimenticare però che esistono
molti tipi di intelligenza e che per avere successo nella vita quella
accademica non basta. Intelligenza musicale, corporea-cinestetica, spaziale,
visiva, interpersonale e intrapersonale sono tutti tipi di intelligenza poco
sviluppati a scuola. Se un tempo questo squilibrio poteva essere attribuito a
un sistema economico che necessitava di formare menti solo per determinate
figure professionali, oggi questo ragionamento non è più valido. Esiste una
varietà molto maggiore di professioni ed è più facile accedere ad ambienti che
un tempo erano molto più selettivi come quello della musica e dell’arte.
In
conclusione, in una società che è in costante evoluzione come la nostra, anche
la scuola dovrebbe stare al passo coi tempi. Dopotutto, l’istruzione dovrebbe
essere uno strumento che permetta ad un individuo di affrontare il futuro e le
sue imprevedibilità. La capacità di trovare soluzioni alternative, uscire dagli
schemi e imparare a sbagliare dovrebbero essere tutte competenze al centro
dell’educazione pubblica.


Nessun commento:
Posta un commento