domenica 9 aprile 2023

La scuola uccide la creatività?

 


di Emma Pierazzo

Quando si pensa alla scuola la parola “creatività” non è sicuramente la prima cosa che ci viene in mente. Eppure questi due termini non sono del tutto scollegati tra loro. Anche se molto spesso viene sottovalutata, per uno studente l’espressione della propria creatività è importante tanto quanto imparare a leggere e scrivere.

Analizzando il percorso “standard” di uno studente italiano, possiamo notare come le materie più creative, come musica e arte, vengano praticate maggiormente durante la scuola elementare e come vadano progressivamente a diminuire durante le scuole medie e superiori. Durante il percorso scolastico si crea inoltre una gerarchia delle materie che vede in cima la matematica e le lingue, nel mezzo le discipline umanistiche, e sul fondo le arti. L’istruzione viene quindi sempre più indirizzata verso la parte destra del cervello, quella più razionale e che abilita le funzioni logiche. Anche i metodi seguiti sono spesso schematici e agli studenti viene chiesto di seguire procedimenti ben stabiliti e di rientrare sempre in determinati parametri, per essere poi valutati. Così facendo però si perde una capacità fondamentale per la creatività, che solitamente tutti i bambini hanno: la capacità di avere torto e sbagliare. Quando si è bambini si ha meno paura di buttarsi, ad esempio non ci si fanno tanti problemi ad inventare una risposta se non si sa come rispondere a una domanda. Crescendo,  però, specialmente all’interno del sistema scolastico, vengono imposte sempre più limitazioni e l’errore viene sempre meno tollerato e a volte punito.



Ma quindi se esiste una gerarchia delle materie e la creatività viene scoraggiata dai metodi scolastici, chi ha più successo all’interno del sistema? Com’è naturale che sia tutti hanno un esito diverso a scuola. Chi non eccelle nelle materie a cui viene dato più peso ma in quelle considerate minori, potrebbe sentirsi inferiore e non dare valore alle proprie capacità proprio perché non riconosciute come utili. Chi ha successo è dunque chi è dotato di un’intelligenza “accademica”. Non bisognerebbe dimenticare però che esistono molti tipi di intelligenza e che per avere successo nella vita quella accademica non basta. Intelligenza musicale, corporea-cinestetica, spaziale, visiva, interpersonale e intrapersonale sono tutti tipi di intelligenza poco sviluppati a scuola. Se un tempo questo squilibrio poteva essere attribuito a un sistema economico che necessitava di formare menti solo per determinate figure professionali, oggi questo ragionamento non è più valido. Esiste una varietà molto maggiore di professioni ed è più facile accedere ad ambienti che un tempo erano molto più selettivi come quello della musica e dell’arte.

In conclusione, in una società che è in costante evoluzione come la nostra, anche la scuola dovrebbe stare al passo coi tempi. Dopotutto, l’istruzione dovrebbe essere uno strumento che permetta ad un individuo di affrontare il futuro e le sue imprevedibilità. La capacità di trovare soluzioni alternative, uscire dagli schemi e imparare a sbagliare dovrebbero essere tutte competenze al centro dell’educazione pubblica.

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