lunedì 6 giugno 2022

La scuola ideale secondo una studentessa

 

di Giulia Seraglio

 Nel corso dei secoli il tema dell’educazione è stato sia fonte di interesse che di discussione per molti psicologi, pedagogisti e addirittura per alcuni filosofi come Locke, Rousseau, Kant, ognuno dei quali ha teorizzato un proprio modello educativo ideale.  Molti di loro sono grandi e colti pensatori che hanno stilato il proprio pensiero sulla base di studi molto più approfonditi rispetto ad una ragazza di 17 anni; ma studiandoli a scuola mi sono ritrovata, in alcune occasioni ad essere in disaccordo e in altre a condividere le stesse opinioni rispetto ad alcuni punti. Purtroppo pochissimi insegnanti tengono davvero conto delle reali necessità che gli studenti tentato di esprimere. Forse solamente in questo ultimo periodo le voci dei giovani alunni si stanno facendo sentire nella speranza che saranno davvero ascoltate. Ora sorge spontanea la domanda: Cos’è migliore per uno studente? 

Il successo formativo di uno studente dipende da vari fattori ovvero quelli con cui lui è in maggiore relazione: l’ambiente scolastico, il rapporto con l’insegnate e il tipo di formazione che quest’ultimo adotta per educare l’alunno. Partendo dal primo punto, il luogo più favorevole per il benessere psico-fisico è sicuramente uno in cui c’è spazio per la natura ed è costruito sulla base delle esigenze sia dei professori che degli alunni. Nella mia scuola ideale le aule sono di un colore più rilassante per la mente e arricchite con qualche pianta o decorazione che richiami la natura. Dovrebbe esserci anche la prevalenza di spazi e tempi che si concentrano sulla salute della mente e del corpo. Un esempio concreto che posso riportare è quello dei college americani in cui sono presenti piscine, campi sportivi e aule studio progettate affinché lo studente si senta più invogliato a studiare.

Se lo scopo dell’educazione è quello di plasmare un individuo competente, autonomo e rispettoso di sé stesso e della società in cui è inserito, il primo passo da compiere è mettere il soggetto stesso, quindi l’educando, al centro del programma educativo. Questo concetto di centralità del fanciullo si può riassumere con ciò che definiva Rousseau come Puerocentrismo.  Ogni studente è un soggetto a sé, con necessità e stili di apprendimento differenti rispetto agli altri compagni. Chiedere ad un’intera classe di apprendere un determinato concetto con un solo ed unico stile di insegnamento equivale a chiedere ad una scimmia, a un elefante e ad un serpente di arrampicarsi su un albero, risulta impossibile che questo avvenga nello stesso modo proprio perché sono creature diverse con qualità e abilità differenti.  Sarebbe dunque necessario che, all’interno di una istituzione, vi sia il rispetto di uno dei principi fondamentali comune in Locke e Rousseau, ovvero quello dell’educazione individualizzata e graduale che si basa sulle esigenze e caratteristiche dell’educando.  Al giorno d’oggi è impossibile che ognuno di noi, come per Emilio nell’opera di Rousseau, si ritiri in campagna e venga seguito da un insegnante privato, il quale dopo averci osservato attentamente calibrerà il suo intervento educativo e adatterà il programma sulla base della nostra indole. Una soluzione alternativa potrebbe essere la presenza dello psicopedagogo, una figura che assiste il giovane alunno sia dal punto di vista scolastico che da quello psicologico. Definiti quali siano l’ambiente e lo stile educativo più adeguati, il passo successivo sarà individuare quali siano i concetti più opportuni che l’insegnante debba trasmettere. Sono meglio le competenze o le conoscenze? Su questo tema non nascondo di essere completamente d’accordo con Rousseau e Locke sul prediligere l’acquisizione di competenze piuttosto che conoscenze culturali. Una volta terminato il nostro percorso di studi verremo brutalmente inseriti nel ‘’mondo esterno ’’ nel quale dovremo affrontare molte difficoltà di vario tipo e le sole conoscenze intellettuali non saranno sufficienti ad aiutarci. Ma come si acquisiscono queste competenze e che benefici hanno? L’unico modo per costruire le corrette competenze è l’esperienza ovvero attraverso il learn by doing. Imparare facendo a parer mio è il modo migliore, in quanto non solo aiuta a costruire le competenze ma forma anche nuove conoscenze, aspetti sono fondamentali per poter affrontare nel modo corretto le difficoltà della vita. L’esperienza del PCTO è stata fondamentale per darmi la conferma che mi piace lavorare con i bambini. Devo ancora fare la cosiddetta ‘’scelta definitiva’’ e aver avuto la possibilità di sperimentare sul campo uno dei miei possibili ambiti lavorativi è stato molto utile per capire ciò che voglio fare da grande.


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