di Giulia
Seraglio
Il successo formativo di uno
studente dipende da vari fattori ovvero quelli con cui lui è in maggiore
relazione: l’ambiente scolastico, il rapporto con l’insegnate e il tipo di
formazione che quest’ultimo adotta per educare l’alunno. Partendo dal primo
punto, il luogo più favorevole per il benessere psico-fisico è sicuramente uno
in cui c’è spazio per la natura ed è costruito sulla base delle esigenze sia
dei professori che degli alunni. Nella mia scuola ideale le aule sono di un
colore più rilassante per la mente e arricchite con qualche pianta o decorazione
che richiami la natura. Dovrebbe esserci anche la prevalenza di spazi e tempi
che si concentrano sulla salute della mente e del corpo. Un esempio concreto
che posso riportare è quello dei college americani in cui sono presenti piscine,
campi sportivi e aule studio progettate affinché lo studente si senta più
invogliato a studiare.
Se lo scopo dell’educazione è quello di plasmare
un individuo competente, autonomo e rispettoso di sé stesso e della società in
cui è inserito, il primo passo da compiere è mettere il soggetto stesso, quindi
l’educando, al centro del programma educativo. Questo concetto di centralità
del fanciullo si può riassumere con ciò che definiva Rousseau come
Puerocentrismo. Ogni studente è un
soggetto a sé, con necessità e stili di apprendimento differenti rispetto agli
altri compagni. Chiedere ad un’intera classe di apprendere un determinato
concetto con un solo ed unico stile di insegnamento equivale a chiedere ad una
scimmia, a un elefante e ad un serpente di arrampicarsi su un albero, risulta
impossibile che questo avvenga nello stesso modo proprio perché sono creature
diverse con qualità e abilità differenti. Sarebbe dunque necessario che, all’interno di
una istituzione, vi sia il rispetto di uno dei principi fondamentali comune in
Locke e Rousseau, ovvero quello dell’educazione individualizzata e graduale che
si basa sulle esigenze e caratteristiche dell’educando. Al giorno d’oggi è impossibile che ognuno di
noi, come per Emilio nell’opera di Rousseau, si ritiri in campagna e venga
seguito da un insegnante privato, il quale dopo averci osservato attentamente
calibrerà il suo intervento educativo e adatterà il programma sulla base della
nostra indole. Una soluzione alternativa potrebbe essere la presenza dello psicopedagogo, una figura che assiste il giovane alunno sia dal punto di vista
scolastico che da quello psicologico. Definiti quali siano l’ambiente e lo
stile educativo più adeguati, il passo successivo sarà individuare quali siano
i concetti più opportuni che l’insegnante debba trasmettere. Sono meglio le
competenze o le conoscenze? Su questo tema non nascondo di essere
completamente d’accordo con Rousseau e Locke sul prediligere l’acquisizione di
competenze piuttosto che conoscenze culturali. Una volta terminato il nostro
percorso di studi verremo brutalmente inseriti nel ‘’mondo esterno ’’ nel quale
dovremo affrontare molte difficoltà di vario tipo e le sole conoscenze
intellettuali non saranno sufficienti ad aiutarci. Ma come si acquisiscono
queste competenze e che benefici hanno? L’unico modo per costruire le
corrette competenze è l’esperienza ovvero attraverso il learn by doing.
Imparare facendo a parer mio è il modo migliore, in quanto non solo aiuta a
costruire le competenze ma forma anche nuove conoscenze, aspetti sono
fondamentali per poter affrontare nel modo corretto le difficoltà della vita. L’esperienza
del PCTO è stata fondamentale per darmi la conferma che mi piace lavorare con i
bambini. Devo ancora fare la cosiddetta ‘’scelta definitiva’’ e aver avuto la
possibilità di sperimentare sul campo uno dei miei possibili ambiti lavorativi è
stato molto utile per capire ciò che voglio fare da grande.
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