di
Emma Zordan
6500 è
il numero di lavoratori morti in Qatar dal 2010, ovvero da quando il paese ha
vinto il diritto di ospitare i mondiali del 2022. 12 sono le vittime morte in
media ogni settimana. Se già questi numeri fanno paura, bisogna sapere che sono
solo la stima più ottimista e che non includono le eventuali morti di operai
immigrati da Kenya e Filippine, in quanto non si hanno dati su di essi. La
maggior parte di queste morti vengono classificate come decessi per cause
naturali. Sarebbe a dire che in questi anni più di 6500 operai stranieri sotto
i 35 anni sono morti improvvisamente per quelle che vengono definite cause
naturali.
Bisogna
sapere a questo punto che i cittadini qatarioti sono 270000 su una popolazione
complessiva di 2 mln abitanti. 30000 sono gli operai addetti
esclusivamente alla costruzione di stadi. Questo perché per costruire tutti gli
stadi e le infrastrutture per poter ospitare il campionato servono molti
operai. Nel 2013 erano circa 545000 gli operai indiani e 341000 quelli Nepalesi,
oltre alle altre migliaia provenienti da altri paesi. Sono dunque molti di più
gli operai immigrati di tutti i qatarioti messi insieme.
Per
poter entrare in Qatar con lo scopo di lavorare uno straniero deve trovare un
Kafel, ovvero un qatariota, che gli permetta di lavorare e vivere
temporaneamente in Qatar. Non è lo Stato a concedere ai migranti il permesso di
lavoro ma sono i Kafel stessi. Il problema che si è posto in questi anni per i
migranti che volevano fare ritorno a casa dopo qualche mese o anno di lavoro è
che i Kafel possono decidere di ritirare i documenti ai loro lavoratori,
impedendo loro di uscire dal paese.
Oltre
a queste condizioni per cui i diritti dei lavoratori sono costantemente negati,
si aggiungono anche le condizioni di lavoro disumane. Uno dei problemi
principali è il caldo, per il quale nei paesi del golfo è in vigore un divieto
di lavorare nelle ore estive più calde, ma questa regola non è sempre
rispettata e, anche quando lo è, si raggiungono comunque temperature estreme anche
al di fuori delle ore in cui vige il divieto. La causa principale di morte dei
lavoratori stranieri è dovuta a un attacco cardiaco successivo ad un colpo di
calore. I lavoratori si trovano a dover lavorare circa 10 ore al giorno con una
temperatura che arriva fino a 40⁰C.
Questo
è ciò che coloro che stanno ai vertici delle istituzioni del calcio decidono di
non farci vedere, ciò che i giornali non ci raccontano e ciò che succede dietro
alle partite che stiamo guardando in questi giorni, comodamente seduti sui
nostri divani. Nessuna squadra ha deciso di protestare contro questi abusi,
nessuno ha deciso di far luce su ciò che è accaduto, forse perché correre
dietro a un pallone, e agli interessi economici in gioco, in fondo è molto più
importante. Questo è quello che è successo negli stadi stessi che oggi vediamo
sullo schermo e dove proprio ora stanno mettendo i piedi in migliaia tra
giocatori e tifosi, noncuranti del fatto che proprio lì hanno sofferto e sono
morti in migliaia.

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