di Gaia Contaldi
Nonostante
la varietà delle possibili discipline, uno sport molto praticato rimane da
sempre la pallavolo e la nostra scuola ne è la dimostrazione. Che lo sport sia
fondamentale ormai è stato reso evidente, e la pallavolo sembrerebbe che porti
con sé tanta passione e successo di cui approfondiremo grazie ad alcune studentesse della scuola.
La
prima a raccontare il suo rapporto con la pallavolo è Giulia Ruggieri, ex studentessa della scuola di origine siciliana
e, al momento, giocatrice a Vicenza nella squadra del Torri di Quartesolo.
“Iniziai
a giocare a pallavolo all’età di sei anni, frequentando un corso di minivolley
tre volte alla settimana, in una palestra vicino casa. L’orario permetteva di
impegnarmi nel pomeriggio mentre mia madre andava a lavoro o seguiva mio
fratello maggiore portandolo a calcio. Gioco a pallavolo da nove anni e, ad
oggi, gioco presso la società U.S.Torri di Torri di Quartesolo a Vicenza. La
mia storia e i miei precedenti sportivi sono abbastanza movimentati. Ho
iniziato il mio percorso agonistico all’età di dieci anni, giocando a pallavolo in una squadra di Catania dove le mie compagne
erano di tre/quattro anni più grandi di me. Presi parte ai gironi u12, u13,u14
da titolare e in quell’anno, arrivai alle nazionali u14 dove potei godere di
una bella vetrina che mi permise di essere vista dalle migliori squadre di ogni
regione e, grazie a questo, ho avuto molte proposte da tutta Italia. All’età di
dodici anni decisi di trasferirmi dalla Sicilia a Vicenza per inseguire il mio
sogno, cogliendo la possibilità di giocare in una squadra di ottimo livello e
con degli ottimi allenatori, sicura che mi avrebbero aiutata a migliorare e
raggiungere così il mio obiettivo. Poco dopo, a causa del covid, sono tornata a
casa per stare con la mia famiglia e per non rimanere sola durante il
lock-down. Quando la situazione si calmò, decisi di tornare qua a Vicenza nella
mia vecchia squadra con un unico intento: migliorarmi, migliorare e migliorare
ancora, sotto tutti i punti di vista possibili. La pallavolo mi ha aiutata ad
affrontare la solitudine durante il lock-down in quanto, grazie ad essa, ho
potuto superare le barriere dell’isolamento forzato, potendomi allenare e quindi continuare ad
avere un rapporto fisico e umano in un momento di grande crisi. Questo sport mi
ha permesso di avere una continuità formativa, sia sportiva che personale. Nei
momenti di sconforto e delusione la pallavolo mi ha aiutato a superare le mie
paure e a credere in me stessa, aumentando la mia autostima, aiutandomi giorno
dopo giorno a dubitare sempre meno e a credere sempre di più in me e in quello che so fare . Il mio sport mi insegna
il rapporto con il mio corpo. Nella vita ci sono sempre dei limiti, delle
barriere e sta a noi capire come oltrepassare per migliorarci e io nel mio
cerco di migliorare sempre. La pallavolo aiuta a gestire il tempo, specialmente
quando impegna tante ore durante la settimana per gli allenamenti e per le
partite il sabato e la domenica . Questo implica inevitabilmente una buona
gestione delle risorse che ho, per far bene sia nello sport che nella scuola,
gestendo il tempo in maniera ottimale. Non solo, ma lo sport che pratico,
essendo di squadra, mi permette di maturare in diverse esperienze di
inclusione. Mi sento di definirla un'esperienza molto divertente e allo stesso
momento formativa. Ad esempio, la fase di gioco è ottima per la condivisione di
difficoltà come la gestione dell’ansia e delle emozioni pre- incontri, di
obiettivi in comune e di miglioramenti tra compagne di squadra.
Giulia
è la dimostrazione vivente di quanto alcune volte ci si possa spingere oltre i
propri limiti per inseguire un sogno o una propria passione e di quanto i
sacrifici quotidiani, gli sforzi nel tempo e l’impegno, ripaghino nella vita.
Argomento di discussione, emerso dalle parole di Giulia, è lo sport come
strumento di crescita personale. Studi dimostrano infatti come lo sport incida
sullo sviluppo della personalità dei giovani, in quanto la sua azione ricade su
quattro specifiche aree distinte ma comunicanti: l’area cognitiva, l’area
affettiva, l’aria percettiva, l’aria motoria.
La
seconda a parlarne è Aurora Lovo,
studentessa e pallavolista di classe terza del Fogazzaro.
“Ho
iniziato a giocare a pallavolo in terza elementare, all’età di otto anni. Nello
specifico gioco nella squadra del San Vitale ad Isola Castelnovo da ormai nove
anni. Se mi viene chiesto perchè mi piace, ciò che mi sento di dire sul mio
sport è che l’ho scelto in quanto mi piace il gioco, la dinamica, uniche di
questa disciplina. Da un po’ di tempo ormai ho perso la motivazione, però
riconosco che la pallavolo mi ha aiutata a svagarmi, a riflettere su altro e a
non pensare alle solite cose di tutti i giorni. Concludo dicendo che la
pallavolo è davvero un bello sport, ma oltre ad essere bravi nel gioco, bisogna
essere consapevoli che ci vuole molta testa. Ciò che determina il portare a
casa un set vincente è l’esserci mentalmente perché parte tutto da lì.”
È
evidente dalle parole di Aurora il ruolo determinante della pallavolo, ma
specialmente il ruolo della sua squadra che,
prima di essere una formazione che scende in campo, è un gruppo di
amiche. E, anche se in questo momento non è motivata come prima, la sua storia
fa capire come per delle amicizie che nascono dagli sport, si supera anche il
voler smettere e si continua per il gruppo, un gruppo vincente. La forza di un gruppo è un tema ricorrente
e particolarmente affrontato dagli
psicologi che hanno dimostrato come gli
sport di squadra abbiano la capacità di far sentire meglio le persone;
accrescendo la fiducia negli altri e
vivendo una vita più sana. Uno tra i
maggiori vantaggi dello sport di squadra è la motivazione, che consente
migliori prestazioni indipendentemente dallo sport praticato.
Un’altra
studentessa pallavolista nella nostra scuola è Sara Spiller, facente parte della squadra Riviera Volley e
debuttando quest’anno nella serie D.
“Iniziai
pallavolo in quinta elementare, facendo contemporaneamente ginnastica ritmica,
iniziata molti anni prima. L’anno successivo i miei genitori mi chiesero di
scegliere tra uno dei due sport. Io un po’ per una mia volontà di cambiamento e
per una sicurezza in ciò che stavo facendo, scelsi la pallavolo, pur facendola
da un solo anno. Da quel giorno non ho mai smesso. Un episodio importante a cui
devo l’inizio della mia carriera come pallavolista, accadde un giorno della
quarta elementare, quando vidi una ragazza farsi una fasciatura alla mano e,
incuriosita, le chiese la motivazione. Lei mi spiegò che era per la pallavolo e
mi propose di fare una lezione di prova. In quel momento ciò che feci fu
girarmi verso mio padre, facendogli capire che era ciò che avrei fatto negli
anni a venire. La mia famiglia era anch’essa da prima molto vicina al mondo
della pallavolo: Mio padre anch'esso è stata una figura importante,
specialmente rimanendo nell'ambito sportivo perché giocò anche lui a pallavvolo
dagli otto anni fino ai venticinque, arrivando fino alla serie B e anche mia
madre e mio nonno presero parte in questo campo. Dalla quinta elementare fino
alla seconda superiore facevo parte dell’Antares. Dalla seconda superiore ho
giocato in seconda divisione e poco dopo, da settembre di quest'anno, gioco in
serie D nel Riviera Volley di Barbarano. Ciò che posso dire è che mi è piaciuto
immediatamente il clima e la squadra. Quello che penso è che la pallavolo sia
uno sport che dà molto ma, allo stesso tempo, toglie tanto. Ci sono dei momenti
in cui rifletto e giungo alla conclusione che è ciò che voglio fare nella mia
vita, in quanto il mio sogno è diventare una pallavolista professionista, in
altri momenti mi ritrovo, come penso tutti gli atleti, a pensare di non esserne
all’altezza. In realtà sono solo momenti
e idee temporanee. Questo penso sia perchè in primis mi ritrovo ad
essere una persona molto autocritica, eppure trovo che il mio essere pignola
sia la conseguenza del fatto che ci tengo molto e ho grande voglia di riuscire
nel mio intento. La pallavolo è una parte di me, dire che conta molto è quasi
riduttivo, persino il mio umore dipende da un allenamento fatto bene o fatto
male. Una concezione che ho da sempre è che nella realtà oggettiva, non è lo
sport in sé ad essere difficile, ma sono le aspettative che gli altri hanno su
di te. Mettono molta pressione ed è devastante il non riuscire in un qualcosa
davanti allo sguardo della gente. Poi però mi sforzo e lavoro sulla convinzione
di essere all’altezza perchè, alla fine, è così. Amo la pallavolo e vivo con la
consapevolezza che non potrei vivere senza. Quelle due ore, per me, resettano i
problemi in testa e ti fissano su ciò che devi fare, siamo io e il pallone, il
resto scompare.”
Ciò che
traspare dalle parole di Sara, oltre ad una grande passione per il suo sport, è
soprattutto la sua dedizione e, in particolare, anche nei momenti di sconforto,
a volontà di lavorare e riuscire a vincere sé stessi e le proprie insicurezze,
dimostrando nel quotidiano di essere all’altezza. Non solo, ma anche il saper
vincere e superare il giudizio degli altri, dimostrando a loro e a sé stessi
ciò che uno sport come la pallavolo può insegnare: la consapevolezza. Non a
caso, infatti, è stato dimostrato da diversi studi come la partecipazione sportiva possa
migliorare i sentimenti sul proprio sé fisico e, allo stesso tempo, avere una
relazione più indiretta con i sentimenti di benessere generale o l'autostima
generale.

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